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Nel loro segno
Consiglio Superiore della Magistratura
2011

Il 9 maggio è il giorno del ricordo e del pubblico riconoscimento che l'Italia deve alle vittime del terrorismo. È il giorno del sostegno morale e della vicinanza umana alle loro famiglie. Ed è il giorno della riflessione su quel che il nostro Paese ha vissuto in periodi tra i più angosciosi della sua storia e che non vuole mai più, in alcun modo, rivivere. Già negli anni scorsi, al Quirinale, ho voluto mettere l'accento sul sacrificio di uomini di legge, per sottolineare come da magistrati, avvocati, docenti di diritto venne un contributo peculiare di fermezza, di coraggio e insieme di quotidiana serenità e umanità nello svolgimento di una funzione essenziale per poter resistere all'ondata terroristica e averne ragione: la funzione dell'amministrare la giustizia secondo legge e secondo Costituzione, sempre, contro ogni minaccia e ogni prevaricazione. La pubblicazione che il Consiglio Superiore della Magistratura ha curato con impegno partecipe e solidale vuole onorare i magistrati che al pari di tanti altri servitori dello Stato pagarono col sacrificio della vita i servigi alle istituzioni repubblicane, cadendo vittime della follia omicida di gruppi terroristici o dello spietato attacco delle mafie. Con essa si è cercato di restituire alla memoria riconoscente di ogni cittadino l'immagine - i volti, i percorsi di vita e di morte - dei magistrati caduti. I percorsi di vita, innanzitutto: perché non è accettabile che quegli uomini siano ricordati solo come vittime, e non come persone, che hanno vissuto, hanno avuto i loro affetti, il loro lavoro, il loro posto nella società, prima di cadere per mano criminale. In queste pagine, un mosaico di fitte testimonianze ci racconta la loro dedizione e la loro professionalità, la passione civile e il coraggio che li hanno animati nella lotta contro le forze della violenza eversiva, del crimine, dell'anti-Stato. Negli anni degli attentati terroristici, l'Italia corse rischi estremi. Sapemmo uscirne nettamente, pur pagando duri prezzi, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero nel nostro popolo le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare. Ebbene, quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo contro ogni nuova minaccia nella situazione attuale del paese e del mondo che ci circonda. È infatti necessario tenere sempre alta la guardia sia contro il riattizzarsi di focolai di fanatismo politico e ideologico sia contro l'aggressione mafiosa. No alla violenza e alla rottura della legalità in qualsiasi forma: è un imperativo da non trascurare in nessun momento, in funzione della lotta che oggi si combatte, anche con importanti successi, soprattutto contro la criminalità organizzata, ma più in generale in funzione di uno sviluppo economico, politico e civile degno delle tradizioni democratiche e del ruolo dell'Italia. Sono convinto che anche questo sia il contributo che può venire - specie alle nuove generazioni - da una sempre più ricca pratica della memoria. Lo facciamo nello spirito che Vittorio Bachelet seppe, con lucida consapevolezza, indicarci prima di essere colpito dalla barbarie dei terroristi: «La testimonianza dei caduti per la libertà non sia solo onorato ricordo ma si traduca in un impegno morale ed uno sforzo di pratica efficienza per la difesa della libertà, per la costruzione di una convivenza civile più umana e serena che sappia cogliere e ordinare, in un disegno di giustizia, la tumultuosa crescita della nostra società». Nel loro segno, il libro del Csm che quest'anno presentiamo nell'incontro del 9 maggio al Quirinale, testimonia pienamente la vitalità e la coralità di questo impegno.

(Il nostro omaggio, intervento introduttivo di Giorgio Napolitano al volume)

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